Vale ancora la pena vivere una vita da scout in questa società? Perché?
Gino Buccinnà
Con gli stimoli nuovi che la società ci offre, non sempre si ha il tempo di vivere la proposta scout nella sua interezza, anzi a volte si ha difficoltà addirittura a fare una vera proposta.
Osservando i ragazzi che sono in associazione, senza però voler generalizzare, vedo che sono distratti da tante cose che non hanno niente a che vedere con la vita scout, ovvero noto non una disaffezione allo stare insieme, ma una certa ritrosia a volere assumere un atteggiamento da scout sia all’interno della comunità sia al di fuori, come a scuola, con gli amici e soprattutto nella famiglia.
Io mi sono posto alcune domande che vorrei condividere.
Tralasciando l’aspetto già problematico della scuola e non volendo entrare nell’ambito della funzione primaria che la famiglia ha nella formazione dei figli, mi chiedo:
- (Come diceva B.P.), si va a pesca con l’esca che piace al pesce?
- I ragazzi, oggi, hanno ancora voglia di vivere l’avventura?
- Amano sentire il senso di appartenenza?
- Il metodo ha bisogno, alla luce delle nuove esigenze giovanili, di una rivisitazione?
- Il regolamento metodologico è ancora valido?
- Infine, sono i ragazzi a scegliere di vivere l’emozione della vita scout o sono i genitori che, per preservarli da cattive compagnie, da brutti incontri, o comunque da situazioni negative, sentono il bisogno di inscriverli in associazione senza sapere a quali impegni vanno incontro, contravvenendo a volte alle responsabilità educative e formative scout dei loro figli?
Queste domande vorrebbero provocare delle risposte che sono tutt’altro che scontate.
Visto che nessuno di noi ha la verità in tasca, mi piacerebbe discutere di queste cose con chiunque dei capi scout attualmente in servizio attivo, per avere un confronto metodologico sicuramente utile a me e, forse, anche ai capi stessi.